mercoledì 22 febbraio 2012

Casualità annacquate.

"Dov'è la cintura?"
"Come posso sapere dove metti le tue cose?" (tipica frase da mamma)
"Uffa. Quando cerco qualcosa non la trovo mai! Voglio sapere il motivo!"
"Semplice, sei disordinata. "

Improvvisamente ricordo di conservare le cinture dietro la porta della stanza. Ho un "affare" (così lo chiamo io) con tante tasche. È di spugna e in alto c'è scritto "Le mie cinture", anche se ci conservo di tutto (non starete pensando che sono disordinata?).
Ovviamente essendo un porta cinture ci sono anche quelle, ma in netta minoranza rispetto al resto.
Le ho sempre considerate come una moderna evoluzione delle cinture di castità. Mi danno fastidio. Voglio sempre stare libera senza costrizioni di alcun genere, né emotive né fisiche. Davanti a quello scenario di ordine sovrano, incompreso, la mia attenzione è stata attirata da un qualcosa dal colore rosso. Inizialmente non avevo focalizzato, quando mi resi conto che era IL sacchetto rosso i miei battiti hanno iniziato ad aumentare, il cuore non sapeva bene se volesse uscire dal petto o salire in gola.
Ho avvicinato timidamente la mano, e con paura mista ad un vortice di sensazioni ho afferrato il sacchetto, l'ho aperto e dentro c'era il costume della piscina. L'odore di cloro ha invaso la mia memoria. Gare, antagonismo e adrenalina. Odori misti a ricordi.
Non dimenticherò mai la sensazione che si prova quando la testa va sotto l'acqua. I pensieri non passano oltre la superficie, sei da sola con te stessa. La bellezza non conta, sei solo tu con l'acqua che lava via tutto, non conta il fisico, l'altezza, non conta nulla se non la forza di braccia e mente.
Ho indossato lentamente il costume come se fossi un'amante che spoglia la sua innamorata.
Ho dato un'occhiata rapida alle spalle nude, e segnate dalle spalline del costume ed evidenziate dai capelli legati. Per un attimo sono tornata indietro negli anni.
Se in quel momento avessi avuto ai miei piedi una piscina avrei fatto una vasca in apnea, poi virata e in fine 100 vasche senza sosta. Ho dovuto solo pensarlo, ai miei piedi non avevo che sogni e e parquet. Ho chiuso gli occhi e immaginato l'acqua che fa da padrona sul corpo.

Ah se per caso vi stiate chiedendo dove fossero la cuffia e gli occhialini sappiate che la prima era rimasta infondo al sacchetto mentre gli occhialini sono sempre e da sempre sul mio comò. 

giovedì 16 febbraio 2012

Parole, parole, parole...

Non credevo che si potessero provare tutte queste sensazioni ed emozioni, l'una contrastante con l'altra. Tanto distanti e lontane da non essere sinonimi ma antonimi.
Adoro questa parola: "antonimo". L'ho conosciuta e imparata al ginnasio, da allora non dico più "sinonimi e contrari" ma "sinonimi e antonimi".
Quando nel 2003 ci hanno presentate mi sentivo così colta ed erudita nel pronunciarla, che i miei discorsi alla fine portavano sempre un antonimo. Oggi sfortunatamente ha perso l'antico incanto. Mi sembra una parola come tante altre, ha semplicemente perso il fascino della novità.
Per me tutto deve essere novità. Ho paura della monotonia.
Non mi alzo mai con lo stesso piede, non faccio mai gli stessi percorsi e per intere settimane non mangio qualcosa solo per poi farmene venire voglia e riscoprire la novità.
Un'altra bella parola è "voglia". Se ci pensate bene le parole con la "v" sono carine. Voglia, volontà, vinile, verità, vicinanza, vino, vulnerabilità, velocità, vittoria, veemenza, vaniglia, valore. Sì sono belle.
Mi sono sempre piaciute le persone che dicono "voglio", al contrario di quelle affezionate al condizionale.

Voglio, voglio, voglio... l'erbaa voglio cresce nel mio giardino. Così rispondevo da piccola.

martedì 14 febbraio 2012

15.20 del 14-02

Ebbene sì anche io ho ricevuto il mio sms di San Valentino, chiariamo nessun “ti amo” o altra frase fatta. Lui, il mittente, non è nessuno.
Se leggesse potrebbe legittimamente offendersi, ma sono certa che capirebbe. Non è mai stato nulla per me né io per lui. Siamo due sconosciuti che il destino per un anno ha fatto inspiegabilmente incrociare, per strade di città affollate e alle volte deserte, ma noi eravamo sempre lì a sorridere l’un l’altro senza sapere i nostri nomi.
 Saltando il passaggio che va dal sorriso all’avere i numeri l’uno dell’altro siamo arrivati ad oggi. Dopo mesi che non leggevo il suo nome (accompagnato da uno smile) sul mio cellulare oggi, proprio oggi fa capolino nella mia memoria, oggi che a lui non avevo pensato, oggi mi fa sorgere tante domande, oggi mi fa capire che alle volte siamo artefici dei nostri mali.
Ma infondo, scusate ma non mi si può chiedere a 21 anni di accontentarmi di bellezza (tanta bellezza), intelligenza, dolcezza (infinita) e tanta pazienza e di accantonare lo sfarfallio allo stomaco, o il tremolio alle ginocchia.
Io voglio i crampi allo stomaco al solo pensiero di pensarlo (amo il poliptoto) sul letto accanto a me, voglio provare cose per cui la ragione non esiste ma esiste solo l’istinto. Ecco cosa voglio! 
Vi lascio un pensiero scritto tanti anni fa che non ho mai pubblicato solo per mancanza di occasione (o forse non sono mai stata pronta a farlo).

In questa sera dove migliaia di occhi innamorati
incroceranno i loro sguardi,
io volgerò il volto verso il cielo e
guarderò i tuoi grandi occhi blu.

È a te che vanno i miei auguri di buon compleanno, a te che mi hai sempre protetto, a te che sin da piccola hai creduto in me. Grazie per avermi riempito il cuore, grazie per avermi regalato dei bellissimi ricordi fatti di sorrisi e scoperte. Forse non potrò mai perdonarti per avermi lasciata qui da sola, ma di certo se avessi potuto scegliere non te ne saresti andato. Sai bene che certe cose non le scrivo e non le dico ma hai capito cosa ho nel cuore.

A voi, (certamente pochi) che siete arrivati fino all’ultima riga chiedo scusa per questo post triste o malinconico. Ma come spesso si dice al cuor non si comanda e credo che questa massima possa essere un perfetto riassunto per quanto avete appena letto.

lunedì 13 febbraio 2012

Myosotis


Avete presente quando la mattina appena aprite gli occhi l'unica cosa che vorreste sarebbe poter esprimere un desiderio? Chi non vorrebbe lavorare, chi vorrebbe cambiare vita, chi vorrebbe la colazione a letto... Da queste piccole cose si capisce che infondo siamo la generazione degli insoddisfatti.    
Il mio desiderio ricorrente sarebbe quello di non ricordare troppe futilità e dimenticare più facilmente. Ho una memoria che farebbe invidia ad un elefante o ad un cantastorie di corte. Mi basta vedere una persona o sentire il suo profumo una sola volta che anche a distanza di tempo riesco a collegare l'odore alla persona, ricordo i numeri, i dettagli, le piccole manie, ricordo e noto ogni cosa; è come se la mia memoria non si fermasse mai ma assorbisse in continuazione. Riesco anche a ricordare i vari tragitti che percorro per andare in un posto anche a distanza di mesi. Vorrei ricordare meno cose, alle volte vorrei essere davvero una di quelle a cui puoi raccontare una balla senza che se ne accorga e che ingenuamente ti creda. A volte anche a me piacerebbe "cascarci con tutte le scarpe". 

giovedì 2 febbraio 2012

"Ci sono cose che accadono e ti trovano del tutto impreparata."

"Ci sono cose che accadono e ti trovano del tutto impreparata."

Lunedì della scorsa settimana ho preso la decisione di dedicarmi nuovamente alle mie letture serali.  Ho aperto le ante della libreria di casa e ho afferrato un libro. In realtà non ho scelto a caso, era strato uno di quegli acquisti senza data di scadenza, quelli che vedi e pensi: "lo voglio leggere, quando non so ma lo leggerò". La frase che ho citato all'inizio l'ho letta nel libro in questione (La libreria dei nuovi inizi) e non posso negarvi che nonostante fosse la prima frase della prima pagina del libro non ho potuto fare a meno di soffermarmi e pensare a tutte quelle occasioni sprecate per mancanza di coraggio o solo perché erano situazioni che ci hanno trovati "impreparati". Ora sarebbe facile fare il solito discorso dove alla fine si conclude con la massima oraziana del Carpe Diem, ma a dire il vero non posso biasimare tutte quelle persone che di fronte a determinate situazioni siano fuggite. A volte mi è realmente capitato di sentirmi come Julia Roberts in "Runaway Bride", meglio conosciuto come "Se scappi ti sposo", (scusatemi ma ho una totale avversione per i titoli stravolti dall'inglese all'italiano) se lei indossava le scarpe da corsa sotto l'abito da sposa io ho persino imparato a correre con i tacchi (e vi assicuro che 12 cm non sono pochi). Poi, una mattina accade che ti svegli e d'improvviso pensi che non si deve aver paura di uscire, di volere bene, di un esame, di perdere qualcuno... perché é la paura stessa ad essere la nostra prigionia; capisci che stare ovattata dentro una bolla non ti farà soffrire di meno ma che la sofferenza infondo è tale perché è piena di bei ricordi e sentimenti.
L'unica paura che si deve avere è quella che io chiamo "paura del coraggio" e in questi giorni ho proprio paura di non aver paura, paura della mia incoscienza, stupidità o forse è solo voglia di vivere. Come si dice spesso in questi casi solo il tempo potrà rivelarci cosa accadrà ma per il momento non voglio farmi domande o stilare lunghe liste dei pro e dei contro ma voglio solo respirare a pieni polmoni.