giovedì 6 dicembre 2012

Qualcosa qui non va, o forse va.

Per abituarmi al Natale ho sempre avuto bisogno di molto tempo e per molto tempo intendo che il processo di metabolizzazione si concludeva il 24 sera. Ma quest'anno qualcosa è cambiato. Ho voluto fare l'albero in anticipo, poggiato sulla scrivania una palla di vetro (di quelle che se le agiti scende giù tanta neve), e la sistemazione della mia stanza e stata prevista per oggi. Tutto questo è seriamente preoccupante. 
Fare l'albero mi annoia da quando ho finito le scuole elementari, a cosa regalare alle amiche ci penso il giorno in cui è prevista la serata di scambio doni (quest'anno ho persino scritto una lista e decorato la pagina!), non ho mai poggiato nulla sulla mia scrivania eccetto libri e codici, non ho mai detto "che bello il Natale"(o comunque non ho iniziato a dirlo a fine novembre) ... concludendo posso affermare di essere fuori controllo.
 Non ditemi che è colpa della crisi perché non è così, la crisi non è la risposta a tutto. La risposta sta dentro di me, la risposta in realtà non è una ma sono due. La prima è che sto tanto bene da non avere problemi a buttarmi a capofitto nell'euforia del natale, la seconda è che sto seriamente male. Quale tra le due sia quella giusta non lo so e non credo che lo capirò molto presto, sempre se riuscirò a capirlo. L'unica consolazione che ho è che non sono ancora pronta alla tazza con il facciotto di Babbo Natale. 

Forse, allora, non sto poi tanto male.

venerdì 22 giugno 2012

Il barista.


Credo che tutti dovrebbero avere il barista di fiducia che ascolta in silenzio pensieri, paure, sogni, amori finiti e mai iniziati. Il suo unico compito è quello di non parlare ma riempirti il bicchiere prima che sia vuoto ma togliertelo prima di star male, senza mai farti bere il fondo. 
Mio nonno diceva sempre che nel fondo del bicchiere rimangono i pensieri. Per questo non devi berli dopo aver parlato con il barista, altrimenti vanificheresti tutto e lui sarebbe rimasto lì a sentire i tuoi problemi inutilmente, quando invece avrebbe potuto chiudere il locale per tornare dalla moglie o per andare a divertirsi con gli amici.
Alle volte, però, accade che lui in realtà ti stia ascoltando e non si limiti a stare in silenzio o a riempirti il bicchiere ma si azzarda ad interrompere il tuo flusso di coscienza, così senza conoscerti senza sapere di cosa parli. Sì, t’interrompe ti fa domande, appunti e critiche. La cosa più grave è che non puoi neppure ribellarti perché quella sera tu sei da solo, senza amici e senza speranze, il tuo unico appiglio è un uomo dai capelli troppo lunghi per ispirare fiducia ma abbastanza sconosciuto da scombussolare la tua esistenza. Parli, discuti e alle volte provi a difenderti ma non ci riesci perché lui ti da torto marcio e sai che ha ragione. Resti in silenzio, quasi sbigottito di come una persona sia riuscita in mezz’ora a capirti quasi alla perfezione mentre tu ancora rimani ancorato alle tue stupide fissazioni sulla vita e sulle persone.
“Non prendere in giro te stesso, se vuoi prendere in giro me va bene, fai pure, ma non prendere in giro te stesso”. 

venerdì 25 maggio 2012

C'è un tempo per tutto.

Viviamo nell'era dove tutto ha un nome e una definizione. Il tempo non è più presente o passato ma porta il nome di persone, eventi e situazioni.
Questo è il tempo di albicocche, ciliegie e fiori di pesco fra i capelli. È la stagione dei "sì", quella in cui ricredersi e scoprire altro oltre la nostra esperienza. Questo è il tempo che precede l'estate. La stagione che tutto scombussola, quella dei nuovi amori con data di scadenza, di cocktails nuovi e freschi offerti da ragazzi dal sorriso abbronzato che ti promettono la luna e le stelle ma mai il sole.
Do il benvenuto alle lentiggini, ai riflessi rossi tra i capelli, all'abbronzatura. 
Do il benvenuto alla novità e a chi ci sarà anche il prossimo inverno, perché è grazie a loro che è sempre estate. Meglio un pallido sorriso tutto l'anno che uno abbronzato che valga una sola notte.

lunedì 7 maggio 2012

Piccole cose.

Si dice che le piccole cose siano quelle che diano l'immediata felicità e serenità, come se avessero il potere di trasformare i sassi in piume e i pensieri in fumo.
Serenità momentanea, improvvisa ed inaspettata è una carezza in riva al mare che sembra sussurrarti "non preoccuparti, tutto si sistemerà". Capisci che tutto ciò di cui avevi bisogno era solo un gesto, forse banale e scontato ma così silenzioso da riuscire a placare il rumore assordante dei tuoi pensieri.
Uno sguardo rubato tra una folata di vento e un raggio di sole ti ricorda che non sei da solo, che basta tendere la mano o volgere lo sguardo per trovare qualcuno al tuo fianco.
Quella carezza in riva al mare, quello sguardo tra la sabbia e i sassi, mi hanno fatto rispolverare la forza che non fa crollare, quella stessa forza che irrobustisce le ginocchia senza indurire l'animo.

lunedì 30 aprile 2012

Ti voglio bene.


Quante volte lo diciamo o lo sentiamo? Troppo spesso.
Io non lo dico spesso, solo nelle occasioni particolari, in quelle circostanze in cui se non pronunci quelle parole ti senti come se ti stesse per scoppiare il cuore. Dovrei dirlo più spesso ma ho imparato che a meritarlo sono in pochi ma a quei pochi dovrei dirlo e non dimostrarlo solamente. 
Ah… la dimostrazione dell’affetto… esiste nulla di più forte? È come un pugno in pieno stomaco, ti spiazza, ti lascia senza parole, ti colma il vuoto facendoti sentire vuoto allo stesso tempo; è qualcosa di meraviglioso. Peccato però che la spontaneità si sia estinta come i dinosauri, senza però lasciare alcuna traccia di sé neppure un misero fossile nel cuore di qualcuno. Oggi siamo tutti governati dai calcoli! Sarà che ho frequentato il liceo classico ma io quelle particolarissime equazioni del  tipo “se lo faccio cosa potrebbe pensare” non le ho mai capite!
Sarà forse colpa della società super teconologica che ci ha abituati a messaggiare con WhatsApp e chiamare con Viber? Siamo abituati ad attribuire un costo in centesimi anche all’affetto?
Ma scusate, l’affetto (quello vero) ha un costo? Non dovrebbe essere spontaneo?

(Driiiin)

-Pronto?
-Ciao, sono fuori per una passeggiata… Mi fai compagnia?
-Sai già tutto. Ammettilo…
-Sì. Sto arrivando.

Scusate la breve interruzione. Dove eravamo rimasti? Ah si… avevamo interrotto proprio al punto: “l’affetto (quello vero) ha un costo? Non dovrebbe essere spontaneo?”.
È spontaneo, è così spontaneo che chi ti vuole realmente bene riesce anche a precedere le tue lacrime.





giovedì 26 aprile 2012

New York.

New York è l'America! New York è la grande mela che non vende mele. È la citta dove se riesci ad uscirne indenne puoi reputarti fortunato, è l'eccesso che perdona gli eccessi, dove la mattina puoi essere Gesù e la sera Satana. È la città con i narcisi ai bordi delle strade e i tulipani al centro del marciapiede. È la città dove puoi vedere una mamma stretta al suo bambino che sussurrando canta "imagine", come se volesse dargli una speranza per il futuro; dove puoi vedere uomini biondi e neri che si stringono la mano, dove mangiando cheesecake puoi parlare di tutto e nulla ma sentire il vuoto colmato (non solo per la cheesecake). A New York puoi girare il mondo rimanendo seduto su una panchina  ad osservare il mondo che ti sfiora senza mai toccarti, puoi avere la città ai tuoi piedi fino alle 2.00 del mattino ma non oltre, dove puoi non dormire e stringerti stretto a Lei, dove puoi buttare i tuoi principi da un ponte, dove puoi ammirare il sole che annega nell'oceano, dove se vuoi puoi fare tutto, dove vivere un film dalla sceneggiatura sconosciuta, dove la Libertà ti protegge senza lasciarti mai solo. New York è tutto questo e molto altro ancora è quel luogo dove puoi ricominciare, reinventarti o semplicemente ritrovarti. 

Vi svelo un segreto: il suo fascino non sono i grattacieli.

venerdì 30 marzo 2012

Paure in valigia

Un peso leggero trascinato sulle scale. La valigia è nuovamente in camera. È lì, vuota, ma piena di ogni esperienza. Aspetta solo di essere riempita di futilità.
Inizio a stilare la lunga lista delle cose che dovrei portare e mi rendo conto che per la maggior parte non ci sono jeans pronti ad ogni avventura ma tailleur, tubini e tacchi.
Fa capolino quella sensazione di paura, di non sapere cosa accadrà, come andrà, se sarò all'altezza... La paura di immaginarmi a NY così piccola dentro un grande palazzo di vetro a combattere per le mie idee e per un paese che non è il mio.
Poi penso che se sono giunta a farmi queste domande evidentemente qualcuno ha creduto in me, forse quella commissione ha visto in me delle potenzialità e allora perché non credere in me stessa. Ci proverò e ci riuscirò. Sarò l'argentina più credibile che abbia mai visto l'ONU e convincerò tutti con la sicurezza che solo un tacco 13cm sa darti.

ps: (secondo voi quanto durerà questa sicurezza? Arriverò a 30 minuti?).

domenica 25 marzo 2012

A sperar poi mi dispero.

Doccia fredda. Sono le 16.24 di una splendida domenica trascorsa a bere, ridere e scherzare.
In quella casa che non è la tua, seduta su una sedia senza poggia piedi senti un suono leggero. Il rintocco di un messaggio che porta il suo nome e lì così per caso con i piedi penzoloni ti scappa un sorriso. Un sorriso che sparirà nel giro di pochi secondi perché lui non è pronto a darti ciò che tu vuoi, non è pronto per la normalità. Odi quella casa che non ti appartiene, quelle persone che ti facevano ridere le eviti per non farti leggere l'amarezza sul volto.
D'improvviso vorresti essere come tua nonna. Lei sì che sapeva rammendare e ricucire. Vorresti ricucire ciò che è stato e rammendare i suoi pensieri. Vorresti dirgli che la serietà di una storia non è una promessa eterna o una catena ma è semplice rispetto.
Lo affronti con ago e filo imitando la nonna ma al posto di calzini scuciti e pezze logore ti ritrovi un muro. E sai benissimo che gli aghi ai muri fanno solo solletico. Ti verrebbe voglia di buttarlo giù, così ci provi ma la botta rimbomba e torna indietro.
Ti ritrovi per strada, da sola, senza sapere quante volte hai udito quelle parole che graffiano e affondano la speranza. 

Ora alle 23.42 ho capito che probabilmente non dormirò e che domattina a darmi il buongiorno non sarà lui ma la mia gastrite. Però anche questa volta ho trovato la forza di sperare anche se a sperare poi mi dispero.

mercoledì 22 febbraio 2012

Casualità annacquate.

"Dov'è la cintura?"
"Come posso sapere dove metti le tue cose?" (tipica frase da mamma)
"Uffa. Quando cerco qualcosa non la trovo mai! Voglio sapere il motivo!"
"Semplice, sei disordinata. "

Improvvisamente ricordo di conservare le cinture dietro la porta della stanza. Ho un "affare" (così lo chiamo io) con tante tasche. È di spugna e in alto c'è scritto "Le mie cinture", anche se ci conservo di tutto (non starete pensando che sono disordinata?).
Ovviamente essendo un porta cinture ci sono anche quelle, ma in netta minoranza rispetto al resto.
Le ho sempre considerate come una moderna evoluzione delle cinture di castità. Mi danno fastidio. Voglio sempre stare libera senza costrizioni di alcun genere, né emotive né fisiche. Davanti a quello scenario di ordine sovrano, incompreso, la mia attenzione è stata attirata da un qualcosa dal colore rosso. Inizialmente non avevo focalizzato, quando mi resi conto che era IL sacchetto rosso i miei battiti hanno iniziato ad aumentare, il cuore non sapeva bene se volesse uscire dal petto o salire in gola.
Ho avvicinato timidamente la mano, e con paura mista ad un vortice di sensazioni ho afferrato il sacchetto, l'ho aperto e dentro c'era il costume della piscina. L'odore di cloro ha invaso la mia memoria. Gare, antagonismo e adrenalina. Odori misti a ricordi.
Non dimenticherò mai la sensazione che si prova quando la testa va sotto l'acqua. I pensieri non passano oltre la superficie, sei da sola con te stessa. La bellezza non conta, sei solo tu con l'acqua che lava via tutto, non conta il fisico, l'altezza, non conta nulla se non la forza di braccia e mente.
Ho indossato lentamente il costume come se fossi un'amante che spoglia la sua innamorata.
Ho dato un'occhiata rapida alle spalle nude, e segnate dalle spalline del costume ed evidenziate dai capelli legati. Per un attimo sono tornata indietro negli anni.
Se in quel momento avessi avuto ai miei piedi una piscina avrei fatto una vasca in apnea, poi virata e in fine 100 vasche senza sosta. Ho dovuto solo pensarlo, ai miei piedi non avevo che sogni e e parquet. Ho chiuso gli occhi e immaginato l'acqua che fa da padrona sul corpo.

Ah se per caso vi stiate chiedendo dove fossero la cuffia e gli occhialini sappiate che la prima era rimasta infondo al sacchetto mentre gli occhialini sono sempre e da sempre sul mio comò. 

giovedì 16 febbraio 2012

Parole, parole, parole...

Non credevo che si potessero provare tutte queste sensazioni ed emozioni, l'una contrastante con l'altra. Tanto distanti e lontane da non essere sinonimi ma antonimi.
Adoro questa parola: "antonimo". L'ho conosciuta e imparata al ginnasio, da allora non dico più "sinonimi e contrari" ma "sinonimi e antonimi".
Quando nel 2003 ci hanno presentate mi sentivo così colta ed erudita nel pronunciarla, che i miei discorsi alla fine portavano sempre un antonimo. Oggi sfortunatamente ha perso l'antico incanto. Mi sembra una parola come tante altre, ha semplicemente perso il fascino della novità.
Per me tutto deve essere novità. Ho paura della monotonia.
Non mi alzo mai con lo stesso piede, non faccio mai gli stessi percorsi e per intere settimane non mangio qualcosa solo per poi farmene venire voglia e riscoprire la novità.
Un'altra bella parola è "voglia". Se ci pensate bene le parole con la "v" sono carine. Voglia, volontà, vinile, verità, vicinanza, vino, vulnerabilità, velocità, vittoria, veemenza, vaniglia, valore. Sì sono belle.
Mi sono sempre piaciute le persone che dicono "voglio", al contrario di quelle affezionate al condizionale.

Voglio, voglio, voglio... l'erbaa voglio cresce nel mio giardino. Così rispondevo da piccola.

martedì 14 febbraio 2012

15.20 del 14-02

Ebbene sì anche io ho ricevuto il mio sms di San Valentino, chiariamo nessun “ti amo” o altra frase fatta. Lui, il mittente, non è nessuno.
Se leggesse potrebbe legittimamente offendersi, ma sono certa che capirebbe. Non è mai stato nulla per me né io per lui. Siamo due sconosciuti che il destino per un anno ha fatto inspiegabilmente incrociare, per strade di città affollate e alle volte deserte, ma noi eravamo sempre lì a sorridere l’un l’altro senza sapere i nostri nomi.
 Saltando il passaggio che va dal sorriso all’avere i numeri l’uno dell’altro siamo arrivati ad oggi. Dopo mesi che non leggevo il suo nome (accompagnato da uno smile) sul mio cellulare oggi, proprio oggi fa capolino nella mia memoria, oggi che a lui non avevo pensato, oggi mi fa sorgere tante domande, oggi mi fa capire che alle volte siamo artefici dei nostri mali.
Ma infondo, scusate ma non mi si può chiedere a 21 anni di accontentarmi di bellezza (tanta bellezza), intelligenza, dolcezza (infinita) e tanta pazienza e di accantonare lo sfarfallio allo stomaco, o il tremolio alle ginocchia.
Io voglio i crampi allo stomaco al solo pensiero di pensarlo (amo il poliptoto) sul letto accanto a me, voglio provare cose per cui la ragione non esiste ma esiste solo l’istinto. Ecco cosa voglio! 
Vi lascio un pensiero scritto tanti anni fa che non ho mai pubblicato solo per mancanza di occasione (o forse non sono mai stata pronta a farlo).

In questa sera dove migliaia di occhi innamorati
incroceranno i loro sguardi,
io volgerò il volto verso il cielo e
guarderò i tuoi grandi occhi blu.

È a te che vanno i miei auguri di buon compleanno, a te che mi hai sempre protetto, a te che sin da piccola hai creduto in me. Grazie per avermi riempito il cuore, grazie per avermi regalato dei bellissimi ricordi fatti di sorrisi e scoperte. Forse non potrò mai perdonarti per avermi lasciata qui da sola, ma di certo se avessi potuto scegliere non te ne saresti andato. Sai bene che certe cose non le scrivo e non le dico ma hai capito cosa ho nel cuore.

A voi, (certamente pochi) che siete arrivati fino all’ultima riga chiedo scusa per questo post triste o malinconico. Ma come spesso si dice al cuor non si comanda e credo che questa massima possa essere un perfetto riassunto per quanto avete appena letto.

lunedì 13 febbraio 2012

Myosotis


Avete presente quando la mattina appena aprite gli occhi l'unica cosa che vorreste sarebbe poter esprimere un desiderio? Chi non vorrebbe lavorare, chi vorrebbe cambiare vita, chi vorrebbe la colazione a letto... Da queste piccole cose si capisce che infondo siamo la generazione degli insoddisfatti.    
Il mio desiderio ricorrente sarebbe quello di non ricordare troppe futilità e dimenticare più facilmente. Ho una memoria che farebbe invidia ad un elefante o ad un cantastorie di corte. Mi basta vedere una persona o sentire il suo profumo una sola volta che anche a distanza di tempo riesco a collegare l'odore alla persona, ricordo i numeri, i dettagli, le piccole manie, ricordo e noto ogni cosa; è come se la mia memoria non si fermasse mai ma assorbisse in continuazione. Riesco anche a ricordare i vari tragitti che percorro per andare in un posto anche a distanza di mesi. Vorrei ricordare meno cose, alle volte vorrei essere davvero una di quelle a cui puoi raccontare una balla senza che se ne accorga e che ingenuamente ti creda. A volte anche a me piacerebbe "cascarci con tutte le scarpe". 

giovedì 2 febbraio 2012

"Ci sono cose che accadono e ti trovano del tutto impreparata."

"Ci sono cose che accadono e ti trovano del tutto impreparata."

Lunedì della scorsa settimana ho preso la decisione di dedicarmi nuovamente alle mie letture serali.  Ho aperto le ante della libreria di casa e ho afferrato un libro. In realtà non ho scelto a caso, era strato uno di quegli acquisti senza data di scadenza, quelli che vedi e pensi: "lo voglio leggere, quando non so ma lo leggerò". La frase che ho citato all'inizio l'ho letta nel libro in questione (La libreria dei nuovi inizi) e non posso negarvi che nonostante fosse la prima frase della prima pagina del libro non ho potuto fare a meno di soffermarmi e pensare a tutte quelle occasioni sprecate per mancanza di coraggio o solo perché erano situazioni che ci hanno trovati "impreparati". Ora sarebbe facile fare il solito discorso dove alla fine si conclude con la massima oraziana del Carpe Diem, ma a dire il vero non posso biasimare tutte quelle persone che di fronte a determinate situazioni siano fuggite. A volte mi è realmente capitato di sentirmi come Julia Roberts in "Runaway Bride", meglio conosciuto come "Se scappi ti sposo", (scusatemi ma ho una totale avversione per i titoli stravolti dall'inglese all'italiano) se lei indossava le scarpe da corsa sotto l'abito da sposa io ho persino imparato a correre con i tacchi (e vi assicuro che 12 cm non sono pochi). Poi, una mattina accade che ti svegli e d'improvviso pensi che non si deve aver paura di uscire, di volere bene, di un esame, di perdere qualcuno... perché é la paura stessa ad essere la nostra prigionia; capisci che stare ovattata dentro una bolla non ti farà soffrire di meno ma che la sofferenza infondo è tale perché è piena di bei ricordi e sentimenti.
L'unica paura che si deve avere è quella che io chiamo "paura del coraggio" e in questi giorni ho proprio paura di non aver paura, paura della mia incoscienza, stupidità o forse è solo voglia di vivere. Come si dice spesso in questi casi solo il tempo potrà rivelarci cosa accadrà ma per il momento non voglio farmi domande o stilare lunghe liste dei pro e dei contro ma voglio solo respirare a pieni polmoni.

venerdì 13 gennaio 2012

Alice in Bookland

Se Alice vive nel Paese delle Meraviglie io vivo in quello dei libri. In un mondo in cui tutto può essere risolto sfogliando delle pagine rilette mille volte, il cui suono croccante e ingiallito può mettere a tacere qualsiasi rumore dell'anima.
Sarà forse che devo il mio nome proprio ad un libro ma per me sono stati sempre un elemento fondamentale. Ricordo che il mio amore per loro è nato nell'estate tra il quarto e il quinto ginnasio. La prof. aveva lasciato una lunghissima lista di versioni da tradurre ma anche di libri, la mia attenzione fu catturata da Siddharta di Herman Hesse che ho letto d'un fiato in pochissimi giorni. Sicuramente allora non avevo capito poi tanto bene il senso di quel libro ma nonostante ciò me ne ero perdutamente innamorata; infatti da allora lo rileggo ogni estate e ogni anno capisco qualcosa in più, scoprendo ad ogni lettura una frase in più, come se fosse lo stesso Hesse ad aggiungere una parola dopo l'altra. La loro sorprendente magia consiste anche nel fatto che con i libri ho fatto dei bellissimi viaggi senza mai muovermi dal mio letto. Sono stata in Olanda con i pattini d'argento, nell'Inghilterra di Re Artù con le Nebbie di Avalon, nelle campagne spagnole con Garcia Lorca, a Venezia con Thomas Mann perfino a Kabul con Hosseini e poi sopra ogni cosa ho amato come Nazim Hikmet...
I libri (secondo me) sono l'essenza e la fuga dell'essere, i libri non tradiscono non mentono, non feriscono, non chiedono altro che il nostro amore e in cambio ci danno tutto ciò che possiedono senza che noi ce ne accorgiamo.
Silenziosamente ci cambiano.

sabato 7 gennaio 2012

Tra vino, film e pensieri.

Buonasera o buonanotte non so cosa più giusto augurarvi, in ogni caso rieccomi nuovamente in questo piccolo angolo di paradiso tutto mio, il che detto su un blog è alquanto ridicolo. Sono da poco terminate le feste che oltre a qualche chilo in più hanno anche lasciato qualche buon proposito che non sempre porteremo a termine, ma a volte certe cose sono belle se restano un progetto da attuare quando sarà il momento più adatto. Personalmente non ho molti propositi per questo nuovo anno se non quello di viverlo come quello che è appena terminato, so che adesso lo troverete strano ma per me il 2011 è stato un anno fantastico; e se starete pensando che lo è stato perché mi sono innamorata sarò felice di smentirvi. Eh si, è stato bello e straordinario anche senza quella cosa che di cui molti sono alla ricerca.
Stasera sono in diretta da sotto il piumone che farnetico muovendo freneticamente le dita su uno schermo mentre ascolto musica e sorseggio un calice di vino, dopo aver finito di vedere un film. Ovviamente il film era un drammatico, e non per mia volontà! Eh si perché ogni volta l'unico intruso nella sessione commedia lo trovo sempre io. Sarà che attiro i drammatici o loro che attirano me, non saprei dire ma sta di fatto che finisco per accorgermene sempre troppo tardi e così continuo a vederli fino alla fine. A dir la verità questo mi è particolarmente piaciuto perché la protagonista (prometto di non annoiarvi) ha un certo problema nel manifestare i propri sentimenti e prima di ogni cosa ad ammettere a se stessa quando ha bisogno di qualcosa o qualcuno, devo dire che mi ha ricordato una certa persona ... Ecco forse ho trovato il mio buon proposito per il 2012: imparare ad ammettere e chiedere non sarà facile ma posso gettare le fondamenta. E poi sono certa che prima o poi imparerò :)